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5 10 15 20 25 30 35 17 “E perché?” chiese Mario. “Perché questo posto è mio e dei miei amici.” “E da che cosa lo dovremmo capire? C’è un cartello? Un atto di vendita che dimostra che lo hai comprato?” chiese Jensika che da grande avrebbe voluto fare l’avvocato. “Ha ha ha, ma qua tutti sanno che questo posto è nostro. È una cosa che abbiamo deciso tempo fa e mai nessuno ha detto che non andava bene quando ci siamo presi da qui fino a lì,” disse Totore mentre indicava una zona ben più in là di dove ora stazionavano i suoi amici. Jensika immaginava quali erano stati gli argomenti convincenti di quei ragazzi per impadronirsi di tutto quello spazio e mentre sta- va cercando di spiegare a Totore che secondo lei non aveva il diritto di occupare per sempre un posto in un giardinetto pubblico, quello diede uno spintone a Mario. In quel momento stava passando Gae- tano che da lontano vide tutto e subito gli tornò in mente ciò di cui stava parlando il giorno prima con gli altri: “Voi siete il mio mondo,” aveva detto, “io vi proteggerò sempre.” Un urlo disumano riecheggiò nei giardinetti. Gaetano si gettò su Totore e altri due amici di questo intervennero a fomentare la rissa. “Basta, basta!” urlava Jensika. “Siete delle bestie!” Ma a un certo punto si gettò nella mischia anche lei quando vide Mario ricevere un cazzotto sul mento. Per fortuna, prima che qualcuno si facesse male sul serio, arrivò il custode dei giardinetti che vedendo la zuffa urlò, “All’anema di chi v’è… mo chiamo la polizia!” “Uagliò, la police!” gridò uno in mezzo a quella confusione. Fu un attimo: tutti scapparono in ogni direzione possibile, la- sciando una nuvoletta di polvere sospesa nell’aria. Più tardi, quando le cose si calmarono, toccò a Mimmo andare a parlare con Totore e i suoi amici. Mariella e Rahma lo aspettavano un po’ più lontano, per controllare che non accadesse niente. Totore aveva un gran rispetto per Mimmo per una certa storia che avevano condiviso un po’ di tempo prima, così si salutarono con